- Le dimensioni di cambiamento non riguardano azioni concrete, ma rappresentano la trasformazione che ci si prefigge di stimolare sui beneficiari grazie alle proprie azioni. È dunque una dimensione di natura più ampia e spesso astratta: il cambiamento nei comportamenti, nel senso di benessere, nei livelli di inclusione e di partecipazione attiva, nelle dinamiche collettive interne a una società.
- L’individuazione delle dimensioni di cambiamento deve far uscire dal «sé»: lo sguardo va portato verso l’esterno, verso i nostri beneficiari, mettendosi nei loro panni. Importante tenere distinte le finalità per l’organizzazione – es. favorire l’accessibilità culturale di soggetti in situazioni di disagio socio-economico – e il cambiamento desiderato per e dai beneficiari – ampliamento delle proprie conoscenze, aumento del benessere individuale, etc…
- Il ragionamento deve partire da un interrogativo: «Per quali soggetti voglio creare un cambiamento e che cosa voglio generare per loro?». Bisogna provare a mettersi nei panni dei nostri beneficiari che per questo motivo devono essere il più specifici possibili (es. «pubblico» può essere molto differente e per ogni tipologia di pubblico beneficiario corrisponde un’ambizione di cambiamento differente).
- Quando ragioniamo in termini di cambiamento sul beneficiario occorre ragionare sui singoli beneficiari, non su macro categorie, meglio su un soggetto ben delineato che su una categoria astratta.
- Per ciascun beneficiario è preferibile non identificare troppe dimensioni di cambiamento ma concentrarsi su quella più rilevante e prioritaria.
- Rispetto alle prospettive della Balanced Scorecard, la dimensione di cambiamento potrebbe essere la stessa per le diverse prospettive in quanto l’effetto, la trasformazione sul beneficiario può derivare proprio da un’azione congiunta che passa dalle diverse prospettive.
© FONDAZIONE PIEMONTE DAL VIVO - P.IVA 08613620015 - REA: TO-987560 Privacy Policy | Cookie Policy DESIGN LIQUIDOSTUDIO.IT